SmarTest: basta un prelievo per la diagnosi prenatale

La Pasqua ebraica ricorda la liberazione dalla schiavitù in Egitto, ottenuta anche grazie all’angelo inviato da Dio per uccidere tutti i primogeniti egiziani. In tale frangente, narra l’Antico Testamento, il popolo d’Israele segnò le porte delle proprie case con il sangue per consentire all’angelo di risparmiare gli ebrei, riconoscendone le abitazioni.

Ai giorni nostri il sangue permette, tra l’altro, di riconoscere molte malattie genetiche, grazie alla diagnosi prenatale con metodiche molecolari in grado di identificare e separare le cellule fetali da quelle materne e di analizzarle. L’Istituto di scienze neurologiche (Isn) del Cnr di Catania ha messo a punto un esame, lo SmarTest, in grado di rivelare, con un semplice prelievo di sangue da una donna gravida e il conteggio, nel campione ottenuto, delle cellule fetali, la presenza nel feto di malattie cromosomiche, prima fra tutte la sindrome di Down, senza dover ricorrere dunque a esami invasivi quali l’amniocentesi e la villocentesi.

“Partendo dall’evidenza, riportata in letteratura e confermata dalle nostre ricerche, che il numero di cellule fetali circolanti nel sangue materno nei casi di gravidanze con feti affetti da patologie cromosomiche è maggiore di circa sei volte rispetto ai casi di gestazioni normali”, spiega Enrico Parano dell’Isn-Cnr, “negli ultimi anni, abbiamo affinato le nostre metodiche di separazione e riconoscimento di queste cellule, così da poterle identificare e ‘contare’ con maggiore facilità attraverso sistemi computerizzati. All’origine di questo aumento numerico, la maggiore permeabilità della barriera feto-placentare nei casi di aneuploidia (variazione del numero dei cromosomi) fetale, con conseguente maggiore passaggio di cellule nel circolo materno. Un’altra possibile spiegazione che stiamo valutando considera che, a causa della loro anomalia, le cellule con aneuploidie vadano più facilmente incontro ad autodistruzione (apoptosi) con conseguente maggiore passaggio transplacentare”.

L’Isn-Cnr ha condotto uno studio, il ‘Cnr multicenter project on fetal cells from maternal blood’, che prevede isolamento, analisi e conta delle cellule fetali in numerosi campioni di sangue provenienti da gestanti in cui l’amniocentesi aveva identificato la presenza di un feto affetto da sindrome di Down e, contestualmente, di sangue di donne con feti sani. “Lo studio, coordinato dall’Isn-Cnr”, precisa Parano, “ha visto la partecipazione centri sia in Italia che all’estero, tra i quali, il dipartimento di Pediatria dell’università di Catania; il dipartimento di Medicina sperimentale, Genetica medica dell’università La Sapienza di Roma; l’unità di Diagnosi prenatale del dipartimento di Ostetricia e ginecologia dell’università Federico II di Napoli; l’istituto di Istologia ed embriologia medica dell’università di Bologna; la divisione di Genetica umana della Kanazawa Medical University di Ishikawa (Giappone); il dipartimento di Neuroscienze, UMDNJ di Newark (Usa). Attualmente stiamo approfondendo alcuni aspetti istopatologici dei fenomeni che portano a maggiore distruzione, in presenza di aneuplodia, delle cellule fetali. Inoltre, da qualche mese abbiamo avviato anche lo studio e l’approfondimento di ulteriori tecniche di identificazione delle cellule fetali tramite indagini spettroscopiche”. La metodica di screening, brevettata come SmarTest (Simple, maternal, antenatal, rapid test), potrà essere impiegata in maniera routinaria con costi (50-100 euro per campione) e tempi tecnici (24-48 ore dal prelievo) ridotti per la diagnosi delle principali malattie cromosomiche e per la sindrome di Down.
(Fonte: Almanacco della Scienza-CNR)
Per saperne di più: Almanacco della Scienza

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