Annegamenti: cosa fare per ridurre i rischi

Sono circa mille ogni anno in Italia i casi di incidenti in acqua che danno luogo a decessi e ricoveri, e di questi ultimi circa la metà sono mortali. Le cifre emergono da uno studio del reparto Ambiente e Traumi dell’Istituto Superiore di Sanità effettuato sulla base della consultazione delle schede di morte e delle schede di dimissione ospedaliera nel periodo compreso tra il 1969 e il 2002, periodo in cui sono decedute in seguito ad annegamento 25.850 persone, quattro su cinque di sesso maschile.

Nel tempo questo fenomeno ha presentato una evidentissima flessione, con una riduzione del 64%. In termini di tassi, prendendo in considerazione le classi di età, si osservano sostanzialmente due situazioni: nei più giovani, la diminuzione è stata macroscopica, tra il 70 e l’80%, mentre nelle altre classi di età il calo è stato -seppur rilevante- di minore entità, attorno al 60%.
Certamente l’annegamento è un fenomeno collegato alle attività di balneazione nell’ambiente marino, ma non appare così strettamente legato alla presenza di coste e spiagge. Può destare sorpresa, infatti, che sia la Lombardia a presentare in valori assoluti la mortalità più elevata. Ma se ciò può almeno in parte trovare una spiegazione sull’ampio bacino di popolazione della regione, diverso è il discorso prendendo in considerazione i tassi di mortalità. In questo caso, le regioni che presentano i tassi di mortalità più elevati sono la Valle d’Aosta, il Trentino Alto Adige, la Sicilia e la Sardegna. Ciò a dimostrare come l’ambiente marino non sia l’unico responsabile della mortalità per annegamento: anche fiumi, laghi e acque “controllate” (piscine pubbliche e private), infatti, rivestono un ruolo importante. In particolare, nelle zone dei grandi fiumi e laghi lombardo-veneti (Bergamo, Brescia, Mantova e Verona) ad aggravare il fenomeno contribuiscono altri fattori di rischio quali la pesca, le attività di balneazioni in acque non sorvegliate e in cui, tra l’altro, vi è una maggior difficoltà di galleggiamento.

In Europa l’annegamento uccide molto più che da noi: circa 35.000 persone l’anno con un tasso di 44 morti ogni milione di abitanti.
Alcune regole da tenere a mente per evitare inutili rischi
• Non entrare in acqua a stomaco pieno o durante la digestione (attendere almeno 3 ore);
• Non entrare in acqua quando non ci si sente bene o si accusano malesseri;
• Quando si sono consumate bevande alcoliche evitare di entrare in acqua, andare in barca o fare altri sport acquatici. Si ricordi che l’alcol può rendere meno vigili in circostanze in cui si richiede capacità di controllo, ad esempio nel prestare attenzione al bambino vicino l’acqua*;
• Non entrare in acqua bruscamente dopo una lunga esposizione al sole o se si è accaldati, perché la notevole differenza di temperatura tra il corpo e l’acqua può determinare delle alterazioni, anche gravi, della funzione cardiorespiratoria, con perdita della conoscenza ed arresto cardiaco;
• Addestrarsi a praticare la rianimazione cardiopolmonare (CPR), perché nel tempo in attesa dell’arrivo del personale sanitario, le capacità di primo soccorso possono fare la differenza per salvare la vita*;
• Non improvvisarsi subacquei, in quanto l’immersione richiede una forma fisica adeguata, raggiunta dopo una preparazione specifica;
• Evitare di fare il bagno quando il mare è agitato;
• Evitare, se possibile, di fare il bagno da soli, perché anche un banale crampo potrebbe mettere in serie difficoltà; possibilmente scegliere luoghi per nuotare sorvegliati da bagnini;
• Evitare di tuffarsi se non si conosce la profondità dell’acqua; si rischia di urtare contro il fondo o contro gli scogli con conseguente morte per trauma cranico o postumi invalidanti per lesioni alla testa ed al collo;
• Informarsi sulle condizioni del vento e del mare e le relative previsioni prima di andare in acqua. Vento forte e temporali con fulmini possono costituire un serio pericolo*;
• Indossare il giubbotto di salvataggio omologato quando si naviga, a prescindere dalla distanza di viaggio, dal tipo di imbarcazione o dall’abilità a nuotare di coloro che vanno in barca*;
• Fare attenzione alle bandiere colorate di avviso di pericolo in spiaggia*;
• Fare attenzione alle onde pericolose e ai segni di corrente di riflusso (es, acqua che cambia colore e stranamente mossa, schiumosa, o piena di detriti). Se si finisce in una corrente che porta al largo, non cercare di contrastarla subito nel tentativo di guadagnare immediatamente la riva. E’ meglio cercare piuttosto di uscire dal flusso della corrente, nuotando parallelamente alla spiaggia. Una volta fuori dalla corrente, nuotare verso la riva*;
• Usare molta prudenza in acque dolci (fiumi e laghi) sia per le correnti presenti, sia per la temperatura dell’acqua, spesso assai fredda;
• Prestare la massima attenzione ai bambini, raccomandazione che vale in generale ma soprattutto nelle piscine, ambienti che apparentemente sembrano più sicuri e inducono a minore prudenza.
• In particolare, se si possiede una piscina interrata*:
• la piscina dovrebbe essere circondata da un recinto adeguatamente alto (almeno 120 cm);
• l’accesso alla piscina dovrebbe essere consentito tramite cancelli con chiusura con dispositivo di richiamo e meccanismo di apertura fuori dalla portata dei bambini. Considerare l’eventualità di dotare la piscina interrata di ulteriori protezioni aggiuntive come sistemi di allarme perimetrale per prevenire l’accesso ai bambini piccoli;
• tenere sempre a mente che braccioli o ciambelle gonfiabili sono giocattoli e non sono realizzati per salvare le persone in acqua. Per questo scopo esistono appositi giubbini di salvataggio;
• i giochi dovrebbero essere rimossi dalla piscina subito dopo l’uso. Barchette, palle, ed altri giochi possono incoraggiare il bambino ad entrare in piscina, o a sporgersi su di essa e potenzialmente a caderci dentro.
• Per quanto riguarda piccole piscine in particolare quelle gonfiabili, acquistabili anche nei supermercati, è buona norma vuotarle dopo l’uso oppure dotarle di una copertura solida a prova di bambino.

Queste regole di buona condotta sono in gran parte riprese da quanto emerso dal progetto SISI (Studio Italiano Sugli Incidenti), condotto dall’ISS in Liguria, Marche e Molise all’inizio degli anni ’90. E sono state integrate con altre (contrassegnate con l’asterisco), riprese e adattate da quelle emanate dal Centers for Disease Control and Prevention.

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