Immagine Grafologia

a cura di Annarosa Pacini

Problemi scolastici e di socializzazione: quale approccio usare?

Immagine “Sono la madre di un ragazzo, di 14 anni d’età. Ritengo che sia un caso difficile in quanto è taciturno, scarsamente organizzato, ha insuccessi scolastici e non ha sviluppato alcun rapporto di amicizia con i suoi coetanei. Con mio marito abbiamo fatto tutto di invitare amici a casa, in vacanza, ma sembra che questo costituisca un disturbo. Sta molto bene in casa, ha un fratello di due anni più grande, vanno molto d’accordo, tuttavia comincia ad uscire con un gruppo di amici suoi e non è particolarmente motivato a introdurre il fratello minore nel suo giro di conoscenze. Infatti, è una personalità decisamente estroversa e non ha alcun tipo di problema né a scuola, né con i compagni. Abbiamo provato a cambiare la scuola cercando un istituto privato che tenesse in considerazione la personalità del ragazzo, tuttavia non vi è stato alcun cambiamento significativo. Preciso che il ragazzo passa molto tempo a studiare e gli insuccessi scolastici sono da attribuire alla grande emotività che non gli consente di esprimersi. Siamo molto preoccupati per il futuro del ragazzo e per il suo inserimento, in una società dove persone così sensibili ed introversi vengono emarginate. Le chiedo cortesemente di darmi un consiglio su come possiamo aiutarlo, affinché possa cominciare a parlare e comunicare con più sicurezza. La ringrazio e porgo i miei cordiali saluti”.

Carissima, quanto tu scrivi a proposito di tuo figlio ci pone di fronte ad una serie di riflessioni, che vorrei condividere con te.
Riconosci in tuo figlio alcune caratteristiche ben precise: taciturno, scarsamente organizzato, con insuccessi scolastici, senza amici. Da un punto pedagogico, il collegamento tra i vari aspetti emerge spesso con chiarezza. L’apprendimento è fortemente condizionato dallo stato emozionale, ed i risultati scolastici, là dove non siano presenti oggettive cause di difficoltà sono una vera e propria cartina tornasole. Un ragazzo felice e sereno riesce certo ad ottenere risultati migliori di un ragazzo inquieto e tormentato. Il senso di autoefficacia e la motivazione sono altri elementi importantissimi, come pure i rapporti con le figure parentali.
Da un punto di vista grafologico, si aggiungono altri elementi: in presenza di alcuni specifici segni grafologici (ad esempio, Disordinata, Sciatta, Impaziente, e molti altri) la mancanza di organizzazione può essere un elemento intellettivo caratteristico. Anche l’essere taciturno o lo sviluppare poco le relazioni sociali possono essere elementi distintivi di una specifica personalità. Questo per dire che un ragazzo potrebbe avere pochi amici perché è parte della sua natura, preferire stare in casa piuttosto che uscire perché ama quella dimensione, ed ugualmente essere un ragazzo equilibrato, sereno e con buoni risultati scolastici. Vorrei, cioè, richiamare la tua attenzione sul fatto che, così esposte, queste caratteristiche tendono ad apparire non positive, mentre in realtà, in sé, non lo sono (mi riferisco agli aspetti temperamentali).
Il ragazzo di cui mi parli oggi, con queste caratteristiche, è quello che già si rivelava quando aveva due, o quattro, o sei anni? Perché accade che alcunicomportamenti “dissonanti” nascano in risposta alle relazioni interpersonali fondanti, e quindi, a volte, proprio i comportamenti dei familiari, le modalità di interazione, i modelli utilizzati, sono tra le cause di quei “problemi”. Per questo, ad esempio, cambiare scuola non risolve il problema, perché il problema è altrove.
Io lavoro spesso con nuclei familiari che non presentano grandi disagi o gravi problematiche, ma “comuni” problemi: un bambino che non studia, un ragazzo che tende ad isolarsi, un genitore troppo apprensivo o troppo distante, e potrei continuare a lungo. Belle famiglie, e brave persone, che, però, non sempre riescono a trovare il modo giusto per risolvere un problema. Capisco la tua preoccupazione. Ma anche questa contribuisce ad aumentare la difficoltà di tuo figlio.
Ancora, il fratello maggiore, bravo, con tanti amici, anche questo, un classico. Spesso così amato dal più piccolo, eppure anche una delle cause dei suoi problemi. Perché i genitori tendono a fare confronti. Certo, per incentivare. Ma il risultato spesso è ben diverso.
E qua sta la riflessione che più di tutte mi interessa: ogni figlio, è un individuo, con una sua personalità, una sua sensibilità, un suo modo di essere. Non c’è un modo giusto ed uno sbagliato. C’è un modo soddisfacente di essere per una specifica persona, uno diverso per un’altra, e così via, ogni uomo ha la sua propria strada. Così, non me la sento di condividere quella tua affermazione sulle persone sensibili ed introverse che vengono emarginate. La sensibilità è una dote, l’intelligenza intrapersonale, anche. Quello che bisogna fare è prenderne consapevolezza, imparare a valutarle anche da altri punti di vista. Intanto, crescere e diventare forti, che non significa non essere sensibili. Significa riuscire ad interagire con il mondo secondo il nostro proprio modo di essere, non necessariamente essere “altro”. Non so dirti se la situazione di tuo figlio sia difficile, ogni caso è a sé. Posso dirti, basandomi sulla mia esperienza – che non ritengo assoluta né indubitabile – che le situazioni, anche quelle che sembrano più difficili, hanno sempre una loro soluzione. Tutto sta a trovarla. Cerca, eventualmente, qualcuno che possa aiutare tuo figlio. Non perché ha un problema, o perché il suo modo di essere sia sbagliato, o perché starebbe meglio se fosse diverso, ma, semplicemente, per aiutarlo ad essere se stesso.

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