Immagine Grafologia

a cura di Annarosa Pacini

Quanto è bella una brutta scrittura

Immagine Cosa si intende, da un punto di vista grafologico, per “bella scrittura”? Sicuramente qualcosa di molto diverso da ciò che si intende comunemente. Anzi. La bella scrittura, intesa come una scrittura esteticamente gradevole, tracciata con molta cura, con grande attenzione, fino quasi a rallentare il ritmo, preoccupata della forma e dell’impressione che suscita in chi legge, ordinata e sempre uguale a se stessa, grafologicamente può essere non così “bella” come una grafia meno leggibile, più mossa, meno curata. Tutti abbiamo in mente un’idea di “bella” e “brutta” grafia. Forse può essere utile imparare a vederla attraverso una lente grafologica. Così scopriremo che vi sono brutte scritture in realtà bellissime, e che qualche bella scrittura, invece, può rappresentare una maschera che nasconde e protegge, ma, anche, impedisce di essere se stessi.

Le grafie accurate sono spesso accomunate da elementi simili: rotondeggiati, leggibili, ben tracciate, con lettere che ricordano il modello scolastico, a volte abbellimenti stilistici, a volte molto uguali a se stesse. L’accuratezza è spesso collegata ad alcuni fattori: da un lato, il desiderio di approvazione e considerazione da parte dell’ambiente, dall’altro una certa difficoltà ad uscire fuori dalle regole, a sperimentare, che può trasformarsi in intransigenza nei confronti di chi non sa adeguarsi.
Quante persone hanno, negli anni della scuola elementare, o anche successivamente, cambiato la loro scrittura alla ricerca di quella scrittura “bella” che potesse soddisfare genitori ed insegnanti? Una scrittura che appare gradevole, leggibile, che viene “approvata”, ma che può diventare una gabbia. Spesso uno schermo che ci aiuta a nascondere insicurezza o paura. L’insicurezza, il timore, l’indecisione si rivelano, nella scrittura, attraverso una serie di segni: la grafia può ondulare sul rigo, le lettere possono sembrare come appoggiarsi timidamente le une alle altre, ancora, la scrittura può scendere sotto il rigo, puntando verso il basso. Perché, a volte, cedere sembra l’unica soluzione.
Esistono però scritture esteticamente belle ma anche vivaci, ricche di energia, in cui la capacità di adattamento va di pari passo con l’affermazione dei propri diritti e delle proprie istanze, in cui diplomaticamente si cerca un punto di contro con le esigenze dell’ambiente, ma senza scendere a compromessi. Scritture in cui gli elementi legati all’insicurezza e alla paura scompaiono. Ma, come dicevamo, vi sono anche “brutte” scritture, meno ordinate, meno accurate, meno leggibili. La vostra scrittura appartiene a questo gruppo? Tranquilli. La bellezza, nella scrittura, non dipende dalla forma, dall’estetica o dalla leggibilità. Intuito, empatia, capacità creativa, velocità di pensiero, capacità di sintesi e di soluzioni originali sono spesso caratteristiche distintive delle “brutte” grafie. Che riescono però ad esprimere senza timore e senza insicurezze le caratteristiche più vere di chi scrive.
Quindi, vi chiederete, una condanna per le belle scritture? Certamente no. Le scritture accurate possono esprimere in modo genuino e sincero le caratteristiche individuali. In quel caso non sono “maschere” o modelli adottati nella ricerca di approvazione, per la paura di sbagliare o di essere giudicati, ma un modo di essere, in cui la persona si muoverà con disinvoltura e soddisfazione.
Se invece, nonostante tutti i vostri sforzi, quel senso di insicurezza, di insoddisfazione, di mancata corrispondenza da parte degli altri verso quelle che sono le vostre vere attese è più o meno sempre presente, in quel caso, allora, la vostra “bella” scrittura forse è solo una gabbia in cui vi siete chiusi. Cominciate allora a cercare la vostra vera scrittura. Il resto verrà da sé.

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