Immagine Comunicazione, counseling, formazione

A cura di Annarosa Pacini
Il linguaggio del corpo e le bugie
Immagine “Sono C. le scrivo perché vorrei sapere se ci sono dei modi per capire se l'altro ti sta dicendo una bugia. Quando l'altro ti sta davanti, c'è un modo per capire se ti sta dicendo una bugia? E poi, sono veri tutti quegli studi sul linguaggio del corpo? Ci si può fidare?”.

Caro (o cara) C., la tua domande mi offre una gran bella occasione per chiarire alcuni elementi che ritengono fondamentali.
Dalla tua domanda è possibile dedurre alcune cose: forse pensi che qualcuno possa mentirti, e ti piacerebbe che esistesse un metodo per comprendere come. Sai che esistono studi – e tecniche, teorie, psicologie – dedicati al linguaggio del corpo. Ma, sono veri? Ci si può fidare? La risposta alla tua domanda credo stia altrove.
Se, a priori, sei diffidente, nei confronti di qualcuno o di qualcosa, il tuo atteggiamento nei confronti dell’altro difficilmente sarà di apertura. Nel momento in cui desideri scoprire se una persona sta mentendo, già presupponi che ciò sia possibile. E mentre scrivi “sono tutti veri?”, implicitamente, di nuovo emerge una tendenza.
Le risposte dirette alle tue domande forse non sono in grado di rispondere alle tue vere domande. Se consideri che una percentuale superiore al settanta per cento di tutta la nostra comunicazione è veicolata dai linguaggi non verbali, va da sé che gli studi sul linguaggio del corpo hanno la loro ragion d’essere. Non si può, però, definire “vero” uno studio. Gli studi – seri – sono sempre veri. Forse i risultati possono essere più o meno attendibili, ma questo vale per ogni scienza. Molti risultati sono veri, comprovati da varie scuole e diverse teorie. Alcuni sono ancora controversi, per questo c’è chi continua sempre ad indagare. Il termine “fidarsi” di uno studio non mi pare appropriato. Si può credervi, condividerlo, rifiutarlo, discuterlo, e via così.
Io insegno comunicazione non perché mi “fidi” di ciò che ho studiato, ma perché l’ho studiato, l’ho verificato, messo in pratica, constatato: so che è vero. La fiducia presuppone, a volte, un atto di fede, che non è certo richiesto, in questo caso.
Come ogni disciplina, è sempre possibile semplificare: sì, c’è anche chi ha codificato regole e regolette, se ti gratti il naso mentre parli menti, se guardi verso l’alto usi l’immaginazione, se stringi la mano senza forza nascondi qualcosa. Luoghi comuni. Per ogni atteggiamento, per ogni comportamento, per ogni linguaggio, ci sono sempre cause e motivi. Se è vero che esistono chiavi di lettura e decodificazione dei messaggio verbali e non verbali universalmente accettate, è altrettanto vero che queste regole devono poi essere applicate e valutate di caso in caso. Peraltro, io preferisco occuparmi dei motivi che stanno alla base dei comportamenti, valutare se sono coerenti con ciò che vogliamo comunicare, imparare ad esprimere nel modo migliore ciò che siamo, ed altrettanto fare per cercare di comprendere gli altri. In quest’ottica, capire da un singolo gesto, o da un’intonazione, se una persona ci sta mentendo, o meno, è superfluo.
In quella che io chiamo “buona comunicazione” non c’è bisogno di capirlo con stratagemmi o tecniche furbastre. Si comunica, non si legge nel pensiero. Lo si chiede. Si spiegano i motivi che ci hanno portato a pensarlo. Con sincerità. E’ con il cuore che si capisce se qualcuno ci sta mentendo. Per capirlo, dobbiamo allenarlo alla fiducia e alla verità. Empatia. Scrive il dizionario: “…la capacità di porsi in maniera immediata nello stato d’animo o nella situazione di un’altra persona…”. Ma questa è un’altra storia…

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