Italiani: siamo poveri, e non lo sappiamo

Riflessioni intorno all’idea di ricchezza: ovvero il ceto medio e i suoi “inconsapevoli nemici”. La definizione di ceto medio è un problema complesso, soprattutto in una fase storico-economica come quella attuale in cui si registrano significative ricomposizioni delle classi all’interno della gerarchia sociale, cambiamenti strutturali del mercato del lavoro, l’accentuazione di differenze territoriali nella distribuzione del reddito (tra Nord e Sud, ma anche tra piccoli, medi e grandi centri urbani).

Nell’individuazione degli appartenenti al ceto medio, si dovrebbero considerare non solo parametri economici, ma tutta una serie di fattori (titolo di studio, livello occupazionale, caratteristiche culturali, ecc.), spesso non rilevati nelle indagini statistiche campionarie.
L’Eurispes, all’interno di un tradizionale filone di studi, ha individuato alcuni parametri economici e demografici di riferimento per identificare il ceto medio, partendo dal reddito mediano annuo (calcolato dalla Banca d’Italia) percepito da un nucleo familiare composto da due persone, a cui sono stati applicati i correttivi della scala di equivalenza sulla base del numero dei componenti della famiglia. È stato ritenuto opportuno tenere in considerazione l’ampiezza familiare, poiché fissare un parametro unico e indistinto sembrava una soluzione troppo restrittiva, che non avrebbe tenuto conto delle diverse e maggiori esigenze dei nuclei familiari più numerosi.
Gli appartenenti al ceto medio, a seconda dell’ampiezza del nucleo familiare, si collocano nelle seguenti classi di reddito: dai 21.800 ai 23.000 euro, le famiglie di due persone; dai 29mila ai 30.600 euro, le famiglie con tre componenti; dai 35.500 ai 37.500 euro, i nuclei familiari di 4 componenti; dai 41.400 ai 43.700, le famiglie più numerose.

Naturalmente i limiti di reddito (minimo e massimo) costituiscono dei confini variabili che si modificano in base all’andamento del reddito mediano annuo e vengono influenzati dai processi inflattivi in atto.
Il sistema di imposizione fiscale è un’altra variabile fondamentale che contribuisce a modificare le posizioni relative dei nuclei familiari all’interno del ceto medio.
Non è indifferente tassare un nucleo familiare al 45% anziché al 40%, soprattutto perché il maggiore aggravio fiscale può procurare serie conseguenze in termini di ricchezza e di capacità di spesa familiare, di stili di vita e di consumo, di aspettative di mobilità sociale degli individui.
I meccanismi impositivi, stabiliti di volta in volta a livello governativo, devono necessariamente uniformarsi alla realtà che le famiglie vivono quotidianamente.

Ma quali sono i livelli effettivi di reddito e le spese reali che una famiglia italiana deve sostenere?
L’Eurispes, attraverso uno studio sul campo, ha individuato i livelli di reddito di una famiglia giovane e successivamente li ha messi in relazione con le spese che essa deve sostenere per provvedere a tutte le necessità e mantenere un tenore di vita decoroso.
Per fare questo l’Eurispes ha innanzitutto identificato una famiglia di riferimento in una coppia relativamente giovane (38 anni lui, 30 lei) con due figli (un maschio di 8 anni ed una femmina di 6).
Si tratta quindi di una famiglia ideale se confrontata con la media statistica dell’universo demografico italiano, ma molto rappresentativa in termini dinamici, nel senso che moltissime famiglie del nostro Paese si sono trovate o si troveranno in futuro in questa tipologia di composizione numerica e anagrafica. I redditi della famiglia tipo sono stati calcolati presupponendo che essa debba vivere con i soli redditi da lavoro, non ricevendo nessun aiuto dall’esterno.
La simulazione ha quantificato i redditi per quattro ipotetiche coppie diversamente assortite da un punto di vista professionale, per un totale complessivo di otto profili lavorativi con otto diversi redditi.
Le quattro coppie scelte sono le seguenti:
– muratore sposato con cassiera di un supermercato;
– professore di liceo sposato con maestra elementare;
– dirigente industriale sposato con borsista universitaria;
– cassiere di banca sposato con commerciante al dettaglio di abbigliamento infantile.
Ad esempio, se Giovanni e Laura (chiamiamo così la nostra ipotetica coppia) sono rispettivamente professore e maestra il reddito netto mensile su cui possono contare è pari a 2.545 euro; se, invece, sono muratore e cassiera il reddito netto mensile percepito ammonterà a 2.482 euro.

Identificata la famiglia di riferimento ed il rispettivo livello di reddito, l’Eurispes ha poi provveduto a calcolare un bilancio delle sue necessità materiali e di spesa che variano a seconda delle città di residenza monitorate (Torino, Caserta, Genova, Cosenza, Roma, Treviso e Bologna).

Il risultato dell’analisi, condotta attraverso il confronto tra redditi annui e spese annue, ha evidenziato uno scarto significativo tra le uscite (spese minime necessarie) che ogni nucleo familiare deve sostenere annualmente e la disponibilità di reddito familiare.
Giovanni e Laura se ricoprono il ruolo di professore e maestra e vivono a Bologna, rispetto ad un fabbisogno di 43.538 euro netti annui per sostenere le spese minime necessarie, registrano un deficit di reddito pari a -10.578 euro. Se, invece, Giovanni e Laura, sempre da professore e maestra, vivono a Torino, lo scarto per difetto è pari a 2.273 euro netti.

Il dato più significativo che emerge è che la famiglia tipo individuata (Giovanni e Laura + due bambini) deve poter disporre, soltanto per affrontare le spese minime necessarie, di un reddito netto annuo compreso tra i 35.233 euro di Torino e i 43.538 euro di Bologna.
In conclusione, i 70mila euro vagheggiati, all’interno del dibattito che si è sviluppato intorno alla finanziaria, come soglia iniziale della “condizione di ricchezza” delle famiglie italiane vanno rivisti alla luce delle spese minime necessarie che una famiglia deve sostenere per poter mantenere un tenore di vita decoroso.

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